Resistanbul – Recensione
Recensione di “Resistanbul”
Resistanbul – La Turchia al bivio tra Gezi Park e l’Islamizzazione di Erdoğan è un libro di Roberta Zunini, pubblicato da Imprimatur nel 2013.
Nel 2013 a Istanbul, in Turchia, il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan, al suo secondo mandato, vuole cementificare piazza Taksim e il parco adiacente, Gezi Park.
Taksim è il centro delle proteste di Istanbul dalla nascita della moderna Turchia, e da quella piazza parte la İstiklal Caddesi, il viale principale del turismo e della vita notturna di una città da 14 milioni di abitanti.
Forse il ministro turco non se lo aspetta, ma incontra una grossa resistenza. Molti attivisti interrompono il lavoro delle ruspe che vogliono ricostruire una copia della Caserma Taksim, demolita negli anni Quaranta, per adibirla a centro commerciale. Scontri, sgomberi e una polizia incredibilmente repressiva, trasformano una protesta ambientalista in uno degli scontri sociali più aspri e intensi della vita politica Turca.
Roberta Zunini, giornalista attualmente al Fatto Quotidiano, è a Istanbul in quei giorni di rivolta. Questo è il resoconto di quei giorni e dei suoi viaggi successivi, dove cerca di capire come e se il movimento di Gezi Park può trasformare la Turchia in un paese più democratico in grado di contrastare la spinta dittatoriale del regime islamista di Recep Tayyip Erdoğan.
Il racconto scorre bene ed è ben scritto, anche se molto veloce e a tratti a mio avviso molto superficiale. Il movimento di Gezi Park non viene spiegato a sufficienza per comprenderlo appieno, e anche l’analisi politica dei mesi successivi alla fine della protesta sembrano solo degli abbozzi che non vengono approfonditi e che ci danno poco sulla situazione politica di una Turchia che nel 2016 è diventata quasi il fulcro delle problematiche legate alla Siria, a daesh (che gli occidentali chiamano ISIS) e al futuro del Medio Oriente.
La narrazione è comunque molto piacevole e la scrittura corretta e mai noiosa.
Citazioni da “Resistanbul”
“E qui Erdoğan, forte dei risultati e ubriaco di potere, alla fine si è mostrato per quel che è, ha tolto la maschera e ha costretto noi a metterla”.
“[…] anche allora, nel momento di passaggio dallo stato di diritto allo stato di polizia, la maggior parte della gente continua a vivere come se tutto fosse uguale a prima. Come se nulla fosse cambiato. Come se la maschera antigas avesse la stessa valenza di uno spazzolino da viaggio”
“La reazione violenta delle proteste per Gezi ha messo a nudo la mentalità del nostro Stato, che è questa: se spari a qualcuno in nome dello Stato, sai già che non ci saranno conseguenze”
“Sono curde, lontane anni luce dai loro villaggi di campagna, dalle tombe dei loro cari. Sradicate come alberi morti ora vivono in questo ghetto di cemento, in case traballanti. Tra prostitute, spacciatori e poliziotti occupati a fare la guerra a chi dissente”
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