20 Aprile 1978
Viene ritrovato il Comunicato n°7 delle Brigate Rosse sul Sequestro Moro.
Il comunicato viene ritrovato poco dopo le 12 grazie ad una telefonata a “Il Messaggero”, e viene ritrovato dietro la sede del giornale, in Via dei Maroniti; allegata anche una Polaroid con in mano una copia de “La Repubblica” del 19 Aprile, prova del fatto che il politico sia ancora in vita.
Il comunicato viene poi diffuso anche a Milano, Genova e Torino.
Nello stesso giorno Moro scrive ancora a Zaccagnini, rimproverandolo per la sua linea intransigente nei confronti dei propri rapitori.
Il testo del comunicato è contraddittorio e venato di doppiezza. Le Br definiscono il falso comunicato «lugubre mossa degli specialisti della guerra psicologica», «macabra messa in scena», una provocazione di «Andreotti e dei suoi complici»; accusano la De di essere «un partito putrido», corrotto e pervaso di «putrido potere», un «immondo partito, lurida organizzazione del potere dello Stato [dedita] al genocidio politico e fisico delle avanguardie comuniste [mediante] le leggi speciali, i tribunali speciali, i campi di concentramento»; e come logica conseguenza, confermano che «la condanna di Aldo Moro verrà eseguita».
Ma subito dopo avere chiuso la porta, con uno scarto improvviso la riaprono scrivendo: «Il rilascio del prigioniero Aldo Moro può essere preso in considerazione solo in relazione alla liberazione di prigionieri comunisti. La De dia una risposta chiara e definitiva se intende percorrere questa strada; deve essere chiaro che non ce ne sono altre possibili. La De e il suo governo hanno 48 ore di tempo per farlo, a partire dalle ore 15 del 20 aprile; trascorso questo tempo e in caso di un’ennesima viltà della DC, noi risponderemo solo al proletariato e al Movimento Rivoluzionario, assumendoci la responsabilità dell’esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale del Popolo».
L’improvvisa proposta di trattativa comprensiva di ultimatum tradisce la doppiezza della “operazione Moro”, e conferma perché il presidente della De non sia stato ucciso in via Fani insieme alla scorta. L’obiettivo tattico del sequestro Moro è certo l’eliminazione fisica dell’architetto dell’intesa governativa DC-PCI; ma l’obiettivo strategico – non meno importante – è quello di avvelenare la “solidarietà nazionale”, di logorarla e di frantumarla (l’uccisione di Moro in via Fani avrebbe potuto sortire l’effetto opposto, quello di “cementarla”, almeno per un certo periodo).
E il vero comunicato Br n. 7 è appunto l’affondo strategico: infatti, subito dopo l’ultimatum brigatista, il Psi craxiano si pronuncia apertamente contro la linea della fermezza e si muove alacremente per la trattativa con le Br. Arrivato al 35° giorno, scandito dalle disperate lettere di Moro e dalla totale mancanza di qualunque risultato investigativo, il drammatico sequestro sta effettivamente logorando l’intesa fra i partiti della “solidarietà nazionale”; il comunicato Br n. 7 con l’ultimatum la incrina, e gli sviluppi successivi ne provocheranno l’irreversibile rottura. Il cardine dell’operazione continua a essere Mario Moretti, con tutti gli altri brigatisti – uno sparuto gruppo di modesti esecutori intossicati di fanatismo – a fare da inconsapevoli comparse.
Web
Testi
- Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti.
- Gianluca Garelli e Augusto Cherchi, 55 Giorni Aldo Moro – Voci e carte dalla prigione
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