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Aldo MoroBrigate Rosse
Home›L'alba dei funerali di uno Stato›Aldo Moro›20 Aprile 1978

20 Aprile 1978

By zorba
20 Aprile 1978
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Viene ritrovato il Comunicato n°7 delle Brigate Rosse sul Sequestro Moro.

Il comunicato viene ritrovato poco dopo le 12 grazie ad una telefonata a “Il Messaggero”, e viene ritrovato dietro la sede del giornale, in Via dei Maroniti; allegata anche una Polaroid con in mano una copia de “La Repubblica” del 19 Aprile, prova del fatto che il politico sia ancora in vita.

Il comunicato viene poi diffuso anche a Milano, Genova e Torino.

Nello stesso giorno Moro scrive ancora a Zaccagnini, rimproverandolo per la sua linea intransigente nei confronti dei propri rapitori.

Testo completo del Comunicato n°7 delle BR sul Sequestro Moro

“È passato più di un mese dalla cattura di Aldo Moro, un mese nel quale Aldo Moro è stato processato così come è sotto processo tutta la DC e i suoi complici; Aldo Moro è stato condannato così come è stata condannata la classe politica che ha governato per trent’anni il nostro Paese, con le infamie, con il servilismo alle centrali imperialiste, con la ferocia anti-proletaria. La condanna di Aldo Moro verrà eseguita così come il Movimento Rivoluzionario s’incaricherà di eseguire quella storica e definitiva contro questo immondo partito e la borghesia che rappresenta.

Detto questo occorre fare chiarezza su alcuni punti.

  1. In questo mese abbiamo avuto modo di vedere una volta di più la DC e il suo vero volto. È quello cinico e orrendo dell’ottusa violenza controrivoluzionaria. Ma abbiamo visto anche fino a che punto arriva la sua viltà. Ancora una volta la DC, come ha fatto per trent’anni, ha cercato di scaricare le proprie responsabilità, di confondere con l’aiuto dei suoi complici la realtà di uno Stato Imperialista che si appresta ad annientare il movimento rivoluzionario, che si appresta al genocidio politico e fisico delle avanguardie comuniste. In Italia, come d’altronde nel resto dell’Europa “democratica” esistono dei condannati a morte: sono i militanti combattenti comunisti. Le leggi speciali, i tribunali speciali, i campi di concentramento sono la mostruosa macchina che dovrebbe stritolare nei suoi meccanismi chi combatte per il comunismo. Gli specialisti della tortura, dell’annientamento politico, psicologico e fisico, ci hanno spiegato sulle pagine dei giornali nei minimi dettagli (l’hanno detto, mentendo con la consueta spudoratezza, a proposito del “trattamento” subito da Aldo Moro, che invece è stato trattato scrupolosamente come un prigioniero politico e con i diritti che tale qualifica gli conferisce; niente di più ma anche niente di meno), quali effetti devastanti e inumani producano lo snaturare l’identità politica dell’individuo, l’isolamento prolungato, le raffinate ed incruente sevizie psicologiche, i sadici pestaggi ai quali sono sottoposti i prigionieri comunisti. E dovrebbe esserlo per secoli, tanti quanti ne distribuiscono con abbondanza i tribunali speciali. E quando questo non basta c’è sempre un medico compiacente, un sadico carceriere che si possono incaricare di saldare la partita.
    Questo è il genocidio politico che da tempo e per i prossimi anni la DC e i suoi complici si apprestano a perpetrare. Noi sapremo lottare e combattere perché tutto ciò finisca, e non rivolgiamo nessun appello che non sia quello del Movimento Rivoluzionario di combattere per la distruzione di questo Stato, per la distruzione dei campi di concentramento, per la libertà di tutti i comunisti imprigionati.
    L’appello “umanitario” lo lancia invece la DC. E qui siamo nella più grottesca spudoratezza. A quale “umanità” si possono mai appellare i vari Andreotti, Fanfani, Leone, Cossiga, Piccoli, Rumor e compari?
    Ma ora è arrivato il tempo in cui la DC non può più scaricare le proprie responsabilità politiche, può scegliersi i complici che vuole, ma sotto processo prima di tutto c’è questo immondo partito, questa lurida organizzazione del potere dello Stato. Per quanto riguarda Aldo Moro ripetiamo – la DC può far finta di non capire ma non riuscirà a cambiare le cose – che è un prigioniero politico condannato a morte perché responsabile in massimo grado di trent’anni di potere democristiano di gestione dello Stato e di tutto quello che ha significato per i proletari. Il problema al quale la DC deve rispondere è politico e non di umanità; umanità che non possiede e che non può costituire la facciata dietro la quale nascondersi, e che, reclamata dai suoi boss, suona come un insulto.
    Nei campi di concentramento dello Stato imperialista ci sono centinaia di prigionieri comunisti, condannati alla “morte lenta” di secoli di prigionia. Noi lottiamo per la la libertà del proletariato, e parte essenziale del nostro programma politico è la libertà per tutti i prigionieri comunisti.
    Il rilascio del prigioniero Aldo Moro può essere preso in considerazione solo in relazione della LIBERAZIONE DI PRIGIONIERI COMUNISTI.
    La DC dia una risposta chiara e definitiva se intende percorrere questa strada; deve essere chiaro che non ce ne sono altre possibili.
    La DC e il suo governo hanno 48 ore di tempo per farlo a partire dalle ore 15 del 20 aprile; trascorso questo tempo ed in caso di un ennesima viltà della DC noi risponderemo solo al proletariato ed al Movimento Rivoluzionario, assumendoci la responsabilità dell’esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale del Popolo.
  2. Il comunicato falso del 18 aprile. È incominciata con questa lugubre mossa degli specialisti della guerra psicologica, la preparazione del “grande spettacolo” che il regime si appresta a dare, per stravolgere le coscienze, mistificare i fatti, organizzare intorno a sé il consenso. I mass-media possono certo sbandierare, ne hanno i mezzi, ciò che in realtà non esiste; possono cioè montare a loro piacimento un sostegno ed una solidarietà alla DC, che nella coscienza popolare invece è solo avversione, ripugnanza per un partito putrido ed uno Stato che il proletario ha conosciuto in questi trent’anni e nei confronti dei quali, nonostante la mastodontica propaganda del regime, ha già emesso un verdetto che non è possibile modificare.
    C’è un altro aspetto di questa macabra messa in scena che tutti si guardano bene dal mettere in luce, ed è il calcolo politico e l’interesse personale dei vari boss DC. Come sempre è accaduto per la DC, i giochi di potere sono un elemento ineliminabile della sua corruzione, del suo modo di gestire lo Stato. Sono un elemento secondario ma molto concreto, e ci illuminano ancora di più di quale “umanità” è pervasa la cosca democristiana. Aldo Moro che rinchiuso nel carcere del popolo ormai ne è fuori, ce li indica senza reticenze, e nel caso che lo riguarda vede come in particolare il suo compare Andreotti cercherà con ogni mezzo di trasformarlo in un “buon affare” (così lo definisce Moro), come ha sempre fatto in tutta la sua carriera e che ha avuto il suo massimo fulgore con le trame iniziate con la strage di piazza Fontana, con l’uso oculato e molto personale dei servizi segreti che vi erano implicati. Andreotti ha già le mani abbondantemente sporche di sangue, e non ci sono dubbi che la sceneggiata recitata dai vari burattini di Stato ha la sua sapiente regia.
    La statura morale dei democristiani è nota a tutti, rilevarla può solo renderceli più odiosi, e rafforzare il proposito dei rivoluzionari di distruggere il loro putrido potere. Di tutto dovranno rendere conto e mentre denunciamo, come falso e provocatorio il comunicato del 18 aprile attribuito alla nostra Organizzazione, ne indichiamo gli autori: Andreotti e i suoi complici.

LIBERTÀ PER TUTTI I COMUNISTI IMPRIGIONATI!

CREARE ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO!

RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE!

20/4/1978

Per il Comunismo
Brigate Rosse

Lettera di Aldo Moro a Benigno Zaccagnini

“Caro Zaccagnini,

mi rivolgo a te ed intendo con ciò rivolgermi nel modo più formale e, in certo modo, solenne all’intera Democrazia Cristiana, alla quale mi permetto di indirizzarmi ancora nella mia qualità di Presidente del Partito. È un’ora drammatica. Vi sono certamente problemi per il Paese che io non voglio disconoscere, ma che possono trovare una soluzione equilibrata anche in termini di sicurezza, rispettando però quella ispirazione umanitaria, cristiana e democratica, alla quale si sono dimostrati sensibili Stati civilissimi in circostanze analoghe, di fronte al problema della salvaguardia della vita umana innocente. Ed infatti, di fronte a quelli del Paese, ci sono i problemi che riguardano la mia persona e la mia famiglia.

Di questi problemi, terribili ed angosciosi, non credo vi possiate liberare, con il cinismo che avete manifestato sinora nel corso di questi quaranta giorni di mie terribili sofferenze. Con profonda amarezza e stupore ho visto in pochi minuti, senza nessuna seria valutazione umana e politica, assumere un atteggiamento di rigida chiusura. L’ho visto assumere dai dirigenti, senza che risulti dove e come un tema tremendo come questo sia stato discusso. Voci di dissenso, inevitabili in un partito democratico come il nostro, non sono artificiosamente emerse. La mia stessa disgraziata famiglia è stata, in certo modo, soffocata, senza che potesse disperatamente gridare il suo dolore e il suo bisogno di me. Possibile che siate tutti d’accordo nel volere la mia morte per una presunta ragion di Stato che qualcuno lividamente vi suggerisce, quasi a soluzione di tutti i problemi del Paese? Altro che soluzione dei problemi. Se questo crimine fosse perpetrato, si aprirebbe una spirale terribile che voi non potreste fronteggiare. Ne sareste travolti. Si aprirebbe una spaccatura con le forze umanitarie che ancora esistono in questo Paese. Si aprirebbe, insanabile, malgrado le prime apparenze, una frattura nel partito che non potreste dominare. Penso ai tanti e tanti democristiani che si sono abituati per anni ad identificare il partito con la mia persona. Penso ai miei amici della base e dei gruppi parlamentari. Penso anche ai moltissimi amici personali ai quali non potreste far accettare questa tragedia. Possibile che tutti questi rinuncino in quest’ora drammatica a far sentire la loro voce, a contare nel partito come in altre circostanze di minore rilievo? Io lo dico chiaro: per parte mia non assolverò e non giustificherò nessuno. Attendo tutto il partito ad una prova di profonda serietà e umanità e con esso forze di libertà e di spirito umanitario che emergono con facilità e concordia di ogni dibattito parlamentare su temi di questo genere. Non voglio indicare nessuno in particolare, ma rivolgermi a tutti. Ma è soprattutto alla Dc che si rivolge il Paese per la sua responsabilità, per il modo come ha sempre saputo contemperare sempre sapientemente ragioni di Stato e ragioni umane e morali. Se fallisse ora, sarebbe per la prima volta. Essa sarebbe travolta dal vortice e sarebbe la sua fine. Che non avvenga, ve ne scongiuro, il fatto terribile di una decisione di morte presa su direttiva di qualche dirigente ossessionato da problemi di sicurezza, come se non vi fosse l’esilio a soddisfarli, senza che ciascuno abbia valutato tutto fino in fondo, abbia interrogato veramente e fatto veramente parlare la sua coscienza. Qualsiasi apertura, qualsiasi posizione problematica, qualsiasi segno di consapevolezza immediata della grandezza del problema, con le ore che corrono veloci, sarebbero estremamente importanti. Dite subito che non accettate di dare una risposta immediata e semplice, una risposta di morte. Dissipate subito l’impressione di un partito unito per una decisione di morte. Ricordate, e lo ricordino tutte le forze politiche, che la Costituzione Repubblicana, come primo segno di novità, ha cancellato la pena di morte. Così, cari amici, si verrebbe a reintrodurre, non facendo nulla per impedirla, facendo con la propria inerzia, insensibilità e rispetto cieco della ragion di Stato che essa sia di nuovo, di fatto, nel nostro ordinamento. Ecco nell’Italia democratica del 1978, nell’Italia del Beccaria, come nei secoli passati, io sono condannato a morte. Che la condanna sia eseguita, dipende da voi. A voi chiedo almeno che la grazia mi sia concessa; mi sia concessa almeno, come tu Zaccagnini sai, per essenziali ragioni di essere curata, assistita, guidata che ha la mia famiglia. La mia angoscia in questo momento sarebbe di lasciarla sola – e non può essere sola – per la incapacità del mio partito ad assumere le sue responsabilità, a fare un atto di coraggio e responsabilità insieme. Mi rivolgo individualmente a ciascuno degli amici che sono al vertice del partito e con i quali si è lavorato insieme per anni nell’interesse della Dc. Pensa ai sessanta giorni cruciali di crisi, vissuti insieme con Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari sotto la tua guida e con il continuo consiglio di Andreotti. Dio sa come mi sono dato da fare, per venirne fuori bene. Non ho pensato no, come del resto mai ho fatto, né alla mia sicurezza né al mio riposo. Il Governo è in piedi e questa è la riconoscenza che mi viene tributata per questa come per tante altre imprese. In allontanamento dai familiari senza addio, la fine solitaria, senza la consolazione di una carezza, del prigioniero politico condannato a morte. Se voi non intervenite, sarebbe scritta una pagina agghiacciante della storia d’Italia. Il mio sangue ricadrebbe su di voi, sul partito, sul Paese.

Pensateci bene, cari amici. Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopodomani.

Pensaci soprattutto tu, Zaccagnini, massimo responsabile. Ricorda in questo momento – dev’essere un motivo pungente di riflessione per te – la tua straordinaria insistenza e quella degli amici che avevi a tal fine incaricato la tua insistenza per avermi Presidente del Consiglio Nazionale, per avermi partecipe e corresponsabile nella fase nuova che si apriva e che si profilava difficilissima. Ricordi la mia fortissima resistenza soprattutto per le ragioni di famiglia a tutti note. Poi mi piegai, come sempre, alla volontà del Partito. Ed eccomi qui, sul punto di morire, per averti detto di sì ed aver detto di sì alla Dc. Tu hai dunque una responsabilità personalissima. Il tuo sì o il tuo no sono decisivi. Ma sai pure che, se mi togli alla famiglia, l’hai voluto due volte. Questo peso non te lo scrollerai di dosso più.

Che Dio ti illumini, caro Zaccagnini, ed illumini gli amici ai quali rivolgo un disperato messaggio. Non pensare ai pochi casi nei quali si è andati avanti diritti, ma ai molti risolti secondo le regole dell’umanità e perciò, pur nelle difficoltà della situazione, in modo costruttivo. Se la pietà prevale, il Paese non è finito.

Grazie e cordialmente
tuo Aldo Moro”

Lettera di Aldo Moro a S.S. Papa Paolo VI

“Alla stampa da parte di Aldo Moro, con preghiera di cortese urgente trasmissione all’augusto Destinatario e molte grazie

A S.S. Paolo VI
Città del Vaticano

In quest’ora tanto difficile mi permetto di rivolgermi con vivo rispetto e profonda speranza alla Santità Vostra, affinché con altissima autorità morale e cristiano spirito umanitario voglia intercedere presso le competenti autorità governative italiane per un’equa soluzione del problema dello scambio dei prigionieri politici e la mia restituzione alla mia famiglia, per le cui necessità assai gravi sono indispensabili la mia presenza ed assistenza. Solo la Santità Vostra può porre di fronte alle esigenze dello Stato, comprensibili nel loro ordine le ragioni morali e il diritto alla vita.

Con profonda gratitudine, speranza e devoto ossequio

dev.mo
Aldo Moro”

Lettera di Aldo Moro a Eleonora Moro

Carissima e amata,

siamo al momento decisivo estremamente rischioso. Vi sono vicino e vi amo con tutto il cuore. Baci a tutti a Luca in particolare. Ora occorre trasmettere di urgenza queste lettere, determinanti, per cui devi convocare le squadre di Giovanni e Agnese o altri che creda idonei, al più presto. Tutto urge, urge. Due sono le più importanti: lettera mia al Papa. Non so se già hai predisposto qualcosa. Occorre inviare mani sicure e rapide es: Poletti, Pignedoli, se c’è Pompei (improbabile è a Parigi), Bottai, che dovresti fare venire a casa, senza mai nulla dire al telefono. Infine, ma potrebbe essere la soluzione più facile, chiamare Antonello Mennini, Vice Parroco di S. Lucia che puoi fare venire a casa. Infine vedi tu. Presto e bene per quel poco che può valere. Lettera a Zaccagnini. È la più importante. Occorre arrivi integra. Vedi di mandarla per il migliore tramite a lui e avverti i giornalisti circostanti che la rendano pubblica. Mi raccomando.

Ti abbraccio tanto con tutti.

Il testo del comunicato è contraddittorio e venato di doppiezza. Le Br definiscono il falso comunicato «lugubre mossa degli specialisti della guerra psicologica», «macabra messa in scena», una provocazione di «Andreotti e dei suoi complici»; accusano la De di essere «un partito putrido», corrotto e pervaso di «putrido potere», un «immondo partito, lurida organizzazione del potere dello Stato [dedita] al genocidio politico e fisico delle avanguardie comuniste [mediante] le leggi speciali, i tribunali speciali, i campi di concentramento»; e come logica conseguenza, confermano che «la condanna di Aldo Moro verrà eseguita».

Ma subito dopo avere chiuso la porta, con uno scarto improvviso la riaprono scrivendo: «Il rilascio del prigioniero Aldo Moro può essere preso in considerazione solo in relazione alla liberazione di prigionieri comunisti. La De dia una risposta chiara e definitiva se intende percorrere questa strada; deve essere chiaro che non ce ne sono altre possibili. La De e il suo governo hanno 48 ore di tempo per farlo, a partire dalle ore 15 del 20 aprile; trascorso questo tempo e in caso di un’ennesima viltà della DC, noi risponderemo solo al proletariato e al Movimento Rivoluzionario, assumendoci la responsabilità dell’esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale del Popolo».

L’improvvisa proposta di trattativa comprensiva di ultimatum tradisce la doppiezza della “operazione Moro”, e conferma perché il presidente della De non sia stato ucciso in via Fani insieme alla scorta. L’obiettivo tattico del sequestro Moro è certo l’eliminazione fisica dell’architetto dell’intesa governativa DC-PCI; ma l’obiettivo strategico – non meno importante – è quello di avvelenare la “solidarietà nazionale”, di logorarla e di frantumarla (l’uccisione di Moro in via Fani avrebbe potuto sortire l’effetto opposto, quello di “cementarla”, almeno per un certo periodo).

E il vero comunicato Br n. 7 è appunto l’affondo strategico: infatti, subito dopo l’ultimatum brigatista, il Psi craxiano si pronuncia apertamente contro la linea della fermezza e si muove alacremente per la trattativa con le Br. Arrivato al 35° giorno, scandito dalle disperate lettere di Moro e dalla totale mancanza di qualunque risultato investigativo, il drammatico sequestro sta effettivamente logorando l’intesa fra i partiti della “solidarietà nazionale”; il comunicato Br n. 7 con l’ultimatum la incrina, e gli sviluppi successivi ne provocheranno l’irreversibile rottura. Il cardine dell’operazione continua a essere Mario Moretti, con tutti gli altri brigatisti – uno sparuto gruppo di modesti esecutori intossicati di fanatismo – a fare da inconsapevoli comparse.

AudioImmaginiVideoFonti
nessun audio presente
20 Aprile 1978

La polaroid di Moro con in mano “La Repubblica” del 19 Aprile 1978 allegata al Comunicato n°7

nessun video presente

Web

  • Archivio ‘900

Testi

  • Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti.
  • Gianluca Garelli e Augusto Cherchi, 55 Giorni Aldo Moro – Voci e carte dalla prigione
Tagsaldo moroAmintore FanfanicomunicatiDCFlaminio PiccoliFrancesco Cossigagenovagiovanni leonegiulio andreottiIl Messaggerola repubblicaMariano Rumormilanopiazza fontanaromatorino
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