4 Aprile 1981
Mario Moretti ed Enrico Fenzi vengono arrestati a Milano.
«La Digos di Milano», annuncia la Questura milanese in un comunicato, «dopo lunghi accertamenti e servizi tecnici, nel pomeriggio odierno [4 aprile 1981, ndr] ha tratto in arresto il noto terrorista latitante Mario Moretti. Costui circolava armato e con false generalità. Ha ammesso la propria identità e si è dichiarato prigioniero politico. Sono in corso ulteriori indagini». Esulta il ministro Virginio Rognoni («È la più bella giornata da quando sono ministro dell’Interno»), ma sulla dinamica dell’operazione viene mantenuto il più rigoroso silenzio: si sa solo che insieme a Moretti è stato arrestato il brigatista Enrico Fenzi.
L’indomani, 5 aprile, l’agenzia Ansa precisa che l’arresto del capo brigatista è avvenuto nei pressi della Stazione centrale di Milano, in via Cavalcanti, e riporta la versione ufficiale dell’operazione riferita dalla Questura milanese:
«In un piccolo appartamento di un paio di stanze, al primo piano di via Cavalcanti 4, Mario Moretti aveva posto la prima base della nuova “colonna” brigatista che aveva in programma di creare a Milano, in contrapposizione con la “colonna Walter Alasia” che ultimamente era entrata in contrasto con la Direzione strategica. La segnalazione che Moretti, sia pure continuando a spostarsi per varie città italiane come aveva sempre fatto in questi ultimi anni, attualmente si recava soprattutto a Milano per presiedere alla costituzione della nuova “colonna” era stata appresa da “fonte confidenziale” dell’Ucigos a Roma, e quindi girata alla Digos milanese, come si è appreso stamani appunto presso la Digos di Milano. È quindi cominciato un lungo lavoro per cercare di intercettare Moretti e coloro che erano in contatto con lui a Milano. Un lavoro durato alcuni mesi e che ha avuto successo ieri pomeriggio, quando Moretti e Fenzi sono stati “agganciati” in piazza Caiazzo e quindi seguiti mentre si recavano a piedi alla base di via Cavalcanti, distante circa un chilometro.
È stato quando i due sono entrati in via Cavalcanti, praticamente all’incrocio con via Ferrante Aporti e via Varanini, che è avvenuto l’arresto. Erano le 14,45. Due funzionari si sono piantati davanti a Moretti e Fenzi, e altri due alle spalle, tutti con le pistole spianate. Moretti e Fenzi erano armati di pistole e avevano pure caricatori di riserva. Mentre Fenzi rimaneva immobile, Moretti ha avuto un gesto istintivo e ha mosso la mano verso la cintura dei pantaloni, dove teneva infilata l’arma. Si è però reso conto di non avere scampo e si è subito fermato. Ha anzi avuto paura, secondo la netta impressione di coloro che lo hanno arrestato, che il suo gesto, nella tensione del momento, gli potesse costare la vita. Ha quindi indicato lui stesso dove teneva la pistola e anche il caricatore che aveva in tasca. Compreso che la polizia era andata a colpo sicuro, ha aggiunto subito dopo: “Sono Mario Moretti, mi dichiaro prigioniero politico”. Fenzi al momento è rimasto zitto; successivamente, anche lui si è dichiarato “prigioniero politico”. Dopo essere stati disarmati, i due sono stati caricati su un’auto e portati via.
Poco distante, intanto, altri uomini della Digos bloccavano l’uomo e la donna [Silvano Faddci e Tiziana Volpi, ndr] che stavano andando all’appuntamento con Moretti e Fenzi nella base di via Cavalcanti. Questi altri due arrestati sono stati definiti dalla Digos “personaggi di secondo piano”, e i loro nomi non sono stati resi noti; si è solo appreso che non si sono dichiarati prigionieri politici. Dopo i quattro arresti, è stato deciso un appostamento intorno all’appartamento di via Cavalcanti 4, nell’eventualità che qualcun altro potesse recarvisi. [Nell’appartamento-covo] erano sistemati alcuni letti, e sono stati trovati pure documenti delle Br e alcune munizioni. Gli uomini della Digos sono rimasti in via Cavalcanti tutto il pomeriggio di ieri, e quindi anche la scorsa notte. Nessuno però si è fatto vivo. Nel corso della notte, comunque, la notizia di una base [delle Br] in via Cavalcanti e dei due arresti qui avvenuti era già trapelata in seguito a testimonianze dirette di vicini di casa che avevano assistito all’operazione. Moretti aveva con sé due carte d’identità e una patente automobilistica con false generalità e la sua fotografia, che lo raffigura con le sue attuali sembianze: i capelli più lunghi e i baffi più folti lo rendono diverso dalle foto segnaletiche in possesso alla polizia e risalenti a diversi anni fa… In tasca a Moretti è stata trovata un’agenda che è risultata preziosa per lo sviluppo delle indagini. Da elementi che sono stati ricavati su di essa, è stato possibile fare scattare una serie di perquisizioni avvenute a Milano, Roma, Torino, Bari, Genova, Treviso e in Toscana. Non se ne conosce ancora l’esito. Ultima precisazione della Digos: è assolutamente escluso che a Moretti si sia giunti attraverso le confessioni di qualche brigatista “pentito”, vecchio o nuovo, o anche attraverso la “soffiata” di elementi della malavita».
La versione ufficiale della dinamica che ha portato all’arresto di Moretti è falsa. Infatti alla cattura del capo delle Br si è arrivati, in modo apparentemente del tutto casuale, grazie a un oscuro e repentino informatore della Questura di Pavia, Renato Longo, pregiudicato ventiseienne in procinto di essere arruolato nelle Br. E il regista dell’importante operazione, il capo della Squadra mobile pavese Ettore Filippi, vero artefice della cattura del più pericoloso e ricercato latitante d’Italia, finirà in carcere e sotto processo ‘.
Dunque il feroce terrorista Moretti imprendibile da quasi dieci anni, l’ardimentoso capo delle Br militariste di via Fani, lo spietato killer di decine di omicidi, è stato gabbato da un miserevole spacciatore di droga, e si è lasciato arrestare in via Cavalcanti con la docile remissività di un ladro di polli: «Moretti ha subito intuito che mettere mano alla [Browning calibro 9 parabellum] col colpo in canna che aveva alla cintola in quelle condizioni poteva essergli fatale, e ha preferito la resa. Con una precauzione. Ha alzato le mani e ha urlato con tutto il fiato che aveva in gola, in modo da farsi sentire dal maggior numero di testimoni: “Sono Mario Moretti! Mi dichiaro prigioniero politico!”»
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