Recensione de Il nome della rosa di Umberto Eco
Recensione de Il nome della rosa di Umberto Eco, pubblicato da Bompiani nel 1980.
Da bambino i miei genitori in una sera d’inverno stavano guardando il film tratto da “Il nome della rosa” con Sean Connery e Christian Slater. Me lo ricordo perché poi per mesi ho sognato il Venerabile Jorge, il vecchio cieco che ce l’aveva con chi rideva. Appena diventato un po’ più grande mi sono letto il libro. Mi era piaciuto molto, anche se avevo trovato molto noiose alcune precisazioni storiche. Adesso che sono un po’ cresciuto ho potuto apprezzare anche quelle.
Il nome della rosa è un giallo ambientato in un monastero dell’Italia Settentrionale nell’anno 1327; nell’arco di una sola settimana il frate francescano Guglielmo da Baskerville e il novizio Adso da Melk si recano all’abbazia per incontrarsi con la delegazione del papa avignonese per alcune discussioni decisive riguardo all’ordine francescano. Siamo nel periodo delle eresie: dolciniani, fraticelli, flagellanti imperversano per la penisola, mentre la ricchezza della corte di Avignone è invisa a tutte le popolazioni che vivono in miseria.
L’incontro tra le due delegazioni è importantissima per decidere se dichiarare eretica o meno la confraternita francescana.
Quando i due frati arrivano all’abbazia scoprono che è appena avvenuta una strana morte, e l’abate chiede a Guglielmo, che in passato è stato inquisitore, di indagare sulla presenza del maligno all’interno delle mura del monastero. I delitti si replicheranno lungo tutti i sette giorni in cui si svolge la trama, incrociandosi con le vicende di una delle più grandi biblioteche della cristianità, con il libro dell’Apocalisse e con la lotta al potere della ricca abbazia.
Questo romanzo a mio avviso è uno dei capolavori di Eco: una ricostruzione storica perfetta che ci porta all’interno di luoghi e situazioni perfettamente verosimili, con particolari ricercati e quasi ossessivi; rispetto ad altri suoi lavori qui l’inquadramento storico è ben diluito da una trama avvincente e incalzante.
Uno stile perfetto e una critica alla religione rendono il romanzo anche uno dei capolavori del filosofo italiano.
Citazioni da Il nome della rosa
“Spesso sono gli inquisitori a creare gli eretici. E non solo nel senso che se li figurano quando non ci sono, ma che reprimono con tanta veemenza la tabe eretica da spingere molti a farsene partecipi, in odio a loro.”
“C’è una sola cosa che eccita gli animali più del piacere, ed è il dolore. Sotto tortura vivi come sotto l’impero di erbe che danno le visioni. Tutto quello che hai sentito raccontare, tutto quello che hai letto, ti torna alla mente, come se tu fossi rapito, non verso il cielo, ma verso l’inferno. Sotto tortura dici non solo quello che vuole l’inquisitore, ma anche quello che immagini possa dargli piacere, perché stabilisce un legame (questo sì, veramente diabolico) tra te e lui…”
“Ho l’impressione che l’inferno sia il paradiso guardato dall’altra parte.”
“Non fidarti dei rinnovamenti del genere umano quando ne parlano le curie e le corti.”
“I semplici sono carne da macello, da usare quando servono a mettere in crisi il potere avverso, e da sacrificare quando non servono più.”
“Non si cambia il popolo di Dio se non si reintegrano nel suo corpo gli emarginati.”
“Ciascuno è eretico, ciascuno è ortodosso, non conta la fede che un movimento offre, conta la speranza che propone. Tutte le eresie sono bandiera di una realtà dell’esclusione.”
“L’Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall’eccessivo amor di Dio o dalla verità, come l’eretico nasce dal santo e l’indemoniato dal veggente. Temi, Adso, i profeti e coloro disposti a morire per la verità, ché di solito fan morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al posto loro.”
“Le uniche verità che servono sono strumenti da buttare.”
Pro
- Trama
- Citazioni
- Personaggi
Contro
- L'inquadramento storico. Ma come farne a meno?
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